Giuseppe Moro





Giuseppe Moro, detto Bepi è stato un calciatore e allenatore di calcio italiano, di ruolo portiere.
Durante la sua carriera — discussa e controversa per la sfrontatezza con cui stava tra i pali, per i difficili rapporti con allenatori e dirigenti e per fatti legati alla presunta o effettiva vendita di partite — vestì le maglie di nove squadre di club e fece parte della Nazionale italiana al campionato del mondo 1950.
Considerato uno dei portieri più estrosi e spettacolari della storia del calcio italiano, molto apprezzato per la classe e l'appariscenza dei suoi interventi, era dotato di indubbie capacità fisiche e psicologiche che culminavano nei calci di rigore, la sua specialità: in Serie A riuscì a neutralizzarne 16 su 44. È anche ricordato per il suo rendimento altalenante e per le sue inspiegabili papere.
Giuseppe Moro, figlio di Mosè e Luigia Callegher, nacque il 16 gennaio 1921 a Carbonera, nella periferia di Treviso. Primo di nove figli, di cui una sola femmina, da bambino odiava tutto ciò che riguardava la scuola, tranne un quaderno sulla cui copertina c'era un disegno di František Plánička in tuffo. Tifoso juventino sin da piccolo, con le prime monetine messe da parte comprò un pallone per la somma di dieci lire; andò solo e compiaciuto, visto che nessuno dei compagni volle seguirlo, a calciarlo nel campo del paese.
Frequentò i quattro anni di elementari a Carbonera; poi fu iscritto all'Istituto San Francesco, dove venne bocciato, perché la sua attenzione non era rivolta a quanto avveniva in aula, bensì alle partite di calcio che si svolgevano nel cortile della scuola; inoltre, anziché fare i compiti per casa, si dedicava alla lettura della Gazzetta dello Sport, di cui era appassionato; fu quindi mandato al Collegio Turazza, dove chiuse il secondo ciclo di studi. Terminati gli studi, si iscrisse in una scuola per corrispondenza e prese lezioni di armonio — attività che trascurò per impegnarsi esclusivamente nel calcio — per volontà del nonno, un importante commerciante del posto.
Il padre, come molti dei suoi compaesani, possedeva dei frutteti. Moro, non appagato dagli spazi dei suoi campi, si divertiva girando per gli altri frutteti, rubando frutta, inseguito dai contadini furibondi. Si era procurato una pertica con cui praticava una specie di salto con l'asta sui vigneti: gli stessi contadini, che venivano depredati, lo chiamavano cavalletta per i danni che faceva e per i suoi balzi spericolati. Un giorno Giuseppe Moro combinò un guaio e suo padre, furioso, lo inseguì, finché il figlio si trovò bloccato in una stanza, senza possibilità di scappare; erano al secondo piano e c'era la finestra aperta: Bepi si gettò nel vuoto, senza riportare alcun graffio, mentre suo padre, emulandolo, si ruppe il femore e rimase immobile per diverse settimane.